Scrittore, poeta, anarchico e ballerino milanese. Così viene descritto Pietro Valpreda, l’apparente colpevole di una delle più terribili pagine della storia italiana, la Strage di Piazza Fontana del 12 Dicembre 1969. Dichiaratosi innocente, la stampa lo raffigura fin dall’inizio come “mostro” e diventa il motore principale della pubblica trasformazione dell’uomo Valpreda in un caso mediatico di enorme portata, smentito solo diciotto anni più tardi.

Pietro Valpreda – @Scomunicando

I fatti

Il giorno successivo alla strage di Piazza Fontana del 12 Dicembre 1969, il Corriere della Sera apre così la sua prima pagina quotidiana: <<Una bomba è esplosa alle 16.37 nella sede della Banca Nazionale dell’Agricoltura>>. Tra i fermati, Giuseppe Pinelli, ferroviere anarchico di quarant’anni, e Pietro Valpreda, anch’esso anarchico milanese, che al momento del fermo dichiarava di trovarsi a Roma. Qui la testimonianza chiave di un tassista milanese, Cornelio Rolandi, che afferma di aver prelevato un uomo, riconosciuto nel Valpreda tramite un confronto in centrale, da piazza Beccaria fino in via Santa Tecla.

Questo dà il via ufficiale alla stampa e Valpreda viene da subito dipinto come colpevole. Angelo Favo, giornalista del Corriere, addossa la colpa della strage alla fallita carriera di ballerino del Valpreda, «ballerino, anarchico, dinamitardo, sterminatore di innocenti». L’unica a difendere l’accusato è la zia, Rachele Torri, che nel giorno della strage lo dichiara a letto con la febbre a 38°. Articoli seguenti ricostruiscono i trascorsi della vita dell’anarchico: rapina a mano armata, condanna per contrabbando di tabacchi esteri, evasione fiscale, contravvenzione ferroviaria, a cui si aggiunge la partecipazione ad una gang giovanile con cui compiva furti e rapine che gli costa la perizia psichiatrica di “soggetto psichicamente anormale”.

Ancora in attesa di processo arriva la testimonianza di Giulio Cesare Locati, 39 anni, militare che nel 1955 arrestò personalmente Valpreda per rapina a mano armata e da cui si apprende che questi faceva parte del plotone “pionieri” del sottotenente Michele Cicero, quindi esperto di esplosivi e sistemi di innesco. Nel successivo confronto tra Cicero e Valpreda le dichiarazioni sono contrastanti: se il primo racconta della dimestichezza dell’imputato con la dinamite e col tritolo, il secondo dichiara di non sapere nulla di esplosivi. Ancora una volta, la stampa insiste sulla colpevolezza del Valpreda e sulle sue dichiarazioni come «Ciò che non corrisponde a verità».

Un mese dopo appare un articolo che sembra invertire la rotta: a Milano, e ad affermarlo è Valpreda stesso, c’è un sosia dell’imputato, tale Gino Liverani, anarchico ed esperto di micce e detonatori. La tesi non viene però presa in considerazione, né dalle autorità né tantomeno dalla stampa e, anzi, a far crollare l’alibi del Valpreda le testimonianze di sei colleghi di spettacolo che affermano di averlo visto a Roma il giorno dopo la strage.

Gli zii però continuano a giurare che egli fosse a Milano malato. Pietro Valpreda è veramente il colpevole della strage? Da Dicembre ‘69 a Febbraio ‘70 tutti gli articoli pubblicati su di lui lo accusano. Ogni testimonianza lo vede colpevole. Tutti sono pronti a giurare che Valpreda sia l’attentatore di piazza Fontana. Ancora una volta un’apparente inversione di rotta concede un po’ di credibilità all’accusato: a metà Febbraio viene arrestato il cosiddetto “sosia” Gino Liverani, ma nonostante questo, prima che i giornali prendano in considerazione l’idea che Pietro Valpreda non sia il vero colpevole, bisogna aspettare ancora altri due anni.

Finalmente innocente?

Finalmente il Corriere pubblica le tesi della difesa accanto a quelle dell’accusa, da cui sembra che il riconoscimento del tassista potesse essere soltanto uno scambio di persona e la testimonianza dell’ex tenente Cicero errata (dai fogli matricolari Valpreda è dichiarato “informatore”, specializzazione che nulla ha a che fare con gli esplosivi), esattamente come quella dei colleghi che lo incontrarono a Roma quindici giorni prima rispetto a quanto dichiarato.

Solo adesso i giornali danno seguito alla ricerca di nuovi colpevoli, pubblicando nel Marzo ‘72 una pista di destra che chiama in causa tre esponenti: Rauti, Freda e Ventura. Qualche mese dopo, ad Ottobre, appare sul Corriere un articolo di Franco Cordero (Professore di procedura penale presso l’Università Cattolica di Milano) che per la prima volta accusa la giustizia per la pregiudizievole costruzione del «caso Valpreda».

Cordero addossa colpe sia alle norme “antiche” che agli operatori con le “mani in pasta”, osservando come un altro magistrato avrebbe semplicemente sorriso del materiale d’accusa presentatogli e lo avrebbe giudicato insufficiente per arrestare un indiziato, ancor di più per tenerlo in cella nonostante altri accusati. Lo scalpore riguardo la presunta innocenza del Valpreda inizia ad essere sempre più evidente, tanto che nel Novembre ’73 viene decisa la promulgazione di una legge ad personam che gli garantisce la libertà in attesa del processo, la cosiddetta “Legge Valpreda”.

La testimonianza di Carla Fracci

Prima della sentenza appare poi una testimonianza fondamentale giunta per puro caso, quella della ballerina Carla Fracci e di suo marito Beppe Menegatti, resa nota dalla stessa nella sua autobiografia “Passo dopo passo”. La Fracci ammette di aver visto Pietro Valpreda, lì per chiederle un lavoro, il giorno precedente alla strage negli studi della Rai in Via Teulada a Roma. Dell’incontro i coniugi Menegatti non parlano subito, intimoriti dalle parole dal cronista del Corriere che si occupava del caso, Giorgio Zicari, per cui immischiarsi nella vicenda sarebbe stato pericoloso per lei e per il figlio piccolo.

Poco dopo però Zicari viene sospeso dall’Ordine dei Giornalisti perché in combutta con i servizi segreti e Menegatti chiamato a testimoniare per il ritrovamento delle trascrizioni dei colloqui ritrovati in un quaderno di appunti del cronista. Della vicenda la Fracci ricorda che se avesse testimoniato prima, come confermato dall’Avvocato di Valpreda Guido Calvi, forse si sarebbe potuta evitare la costruzione di un intero caso mediatico sulla sua colpevolezza.

La sentenza

Per la sentenza bisognerà aspettare il 12 Luglio 1985, dove finalmente è dichiarata l’innocenza assoluta di Pietro Valpreda e scaricata la responsabilità della strage sui neofascisti Freda e Ventura, condannati all’ergastolo. Il ballerino diceva la verità fin dall’inizio, ma il sistema giudiziario approssimativo e la capacità prevaricatrice della stampa hanno fatto di lui un caso mediatico che per anni ha tolto a Valpreda un valore che nessun uomo dovrebbe perdere mai, la dignità.

Pietro Valpreda –
Photo Credit: Wikipedia

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