Con Giselle ci troviamo di fronte al balletto romantico per antonomasia, simbolo di un periodo fatto di lunghe gonne di tulle bianco, scarpette da punta e acconciatura “à bandeaux”. Ma guardando a qualche anno indietro, scopriamo che la storia d’amore tra Giselle ed Albrecht non è l’origine del genere tanto amato dal pubblico ottocentesco. Il ruolo è infatti di un’opera del 1832 messa in scena all’Opéra di Parigi da Filippo Taglioni, su libretto di Adolphe Nourrit e musiche di Jean Schneitzhöffer: La Sylphide.

Carla Fracci e Peter Schaufuss danzano in La Sylphide di Filippo Taglioni

Robert Le Diable

Prima di parlare della Silfide però, è interessante sapere che neanche lei può essere considerata il primo esempio assoluto di romanticismo. Questo perché un anno prima una scena della grand opéra (opera sfarzosa in cui si rappresentavano danze) ne aveva già inserito al suo interno elementi tipici del genere romantico che hanno ispirato la realizzazione de La Sylphide. All’inizio del XIX secolo infatti l’Europa, con i progressi tecnologici e commerciali, torna ad interessarsi a livello letterario e culturale alla spiritualità. In questo periodo, una delle innovazioni più importanti è la nascita della figura della ballerina (prima la danza era prettamente maschile) che porta grazia e femminilità.

Tutto questo si riversa ben presto nel balletto e la prima a darne un esempio è proprio quest’opera del 1831 dal titolo Robert Le Diable, con protagonista Maria Taglioni, a cui si deve anche l’introduzione del ballet blanc (il famoso “atto bianco”). Ovviamente con Robert Le Diable siamo ancora di fronte a un’opera con intermezzi danzati e non a un vero e proprio balletto romantico, ma questa ispira così tanto il maître de ballet Filippo Taglioni da influenzare la creazione di un vero e proprio balletto che diventerà l’archetipo del genere romantico.

La trama

Tornando quindi a La Silfide, la trama è ispirata al racconto di Charles Nodier Tribly, ou le latin d’Argail (L’elfo di Argyll) del 1822 dove si narra di un elfo che seduce la moglie di un pescatore delle Highlands. Affascinato, come tutti all’epoca, dall’esotica ambientazione scozzese, Nourrit alla fine cambia quasi totalmente la trama e lascia invariato soltanto il luogo in cui si svolge la vicenda.

Nella Sylphide il protagonista James, promesso sposo di Effie, si sveglia nel giorno del suo matrimonio e vede davanti a sé un’affascinante silfide di cui si innamora. Incapace di resisterle, James la segue nella foresta. Nel II Atto l’uomo cerca di catturare quella creatura meravigliosa ma, non riuscendo nel tentativo, riceve aiuto dalla strega Madge che gli regala una sciarpa per legarla a sé. Quando James però le circonda le spalle, alla silfide cadono le ali e muore. Distrutto dall’evento, anche lui crolla senza vita.

Ricostruzione de La Sylphide di Filippo Taglioni a cura di Pierre Lacotte nel 1972

Maria Taglioni

L’idea di mettere in scena un balletto come La Sylphide è stato per Filippo Taglioni anche un modo per mettere in luce le doti della figlia Maria. E non sbagliava. Impersonando la protagonista nella prima rappresentazione, questa diventa l’esempio della ballerina romantica per eccellenza. Nonostante infatti non avesse all’inizio le doti fisiche adatte per danzare, studia talmente tanto da riuscire a modellare i ruoli e i movimenti per renderli adatti al suo corpo (e non il contrario!).

Maria Taglioni è ricordata come la prima ballerina a danzare sulle punte (prima di lei le ballerine in punta rimanevano ferme) e di conseguenza La Silfide è anche il primo balletto in cui le punte rappresentano l’elemento fondamentale della coreografia. Per lei nasce il famoso tutù da ballerina, disegnato dal pittore Eugene Lamy, e da lei prende vita la cosiddetta acconciatura à bandeaux, poi diventata emblema del balletto classico. La Taglioni diventa così tanto famosa da ispirare la realizzazione di bambole a sua immagine e prodotti venduti con il suo nome. Persino la regina Vittoria dà il suo nome a un cavallo da corsa.

Maria Taglioni in La Sylphide

Sylfiden di Bournonville

Nonostante Filippo Taglioni sia l’autore della coreografia originale, la versione a noi più conosciuta e più riprodotta è ad oggi quella del danese August Bournonville. Della versione originale si dice che sia andata perduta, in realtà il Maestro Alberto Testa ci dice che di materiale per continuare la tradizione ce ne fosse in abbondanza (iconografia, descrizioni pervenute da ogni parte del mondo, programmi di sala e lavoro esegetico di Beaumont e di Guest) ma che la “pigrizia spirituale” abbia avuto la meglio, portando ad optare per comodità per la versione di Bournonville.

La scelta del coreografo danese di ricostruire la coreografia nasce dopo aver visto la Taglioni danzare in una replica del ’34 a Parigi e da lì la decisione immediata di acquistare il balletto per rielaborarlo. Con il balletto non viene però acquistata la partitura musicale, troppo cara per il budget a disposizione, che viene quindi commissionata da zero al ventunne Hermann Severin von Løvenskjold. Per questo, se La Sylphide è considerata il perfetto esempio di tradizione romantica francese, Bournonville riesce a trasformarla in un eccellente emblema di “danesità”.

La trama e lo stile dell’opera rimangono infatti fedeli all’originale e l’elemento di novità si riscontra nel maggior rilievo dato al personaggio di James, interpretato dallo stesso Bournonville. La parte della protagonista viene invece affidata alla sua allieva prediletta, Lucile Grahn. Il titolo viene modificato in lingua danese e diventa Sylfiden, ma per indicarla si mantiene solitamente il titolo originale. L’opera debutta nel 1836 al Teatro Reale di Copenaghen e ad oggi è considerato il balletto di più lunga data eseguito ai giorni nostri.

La Sylphide di August Bournonville

Les Sylphides di Fokine

Un ultimo interessante aneddoto sulla coreografia della Silfide riguarda il russo Michel Fokine, allora coreografo della compagnia dei Ballets Russes. Se infatti con Bournonville l’opera di Taglioni si rielabora senza essere stravolta, Fokine ne trae ispirazione per crearne una totalmente nuova. Tutto ciò si evince anche dal titolo che da La Sylphide diventa prima Chopiniana e poi Les Sylphides (Le Silfidi).

A differenza degli altri due, il balletto di Fokine non ha trama ma si presenta piuttosto come una suite coreografica comprendente una serie di danze, dalla polacca al notturno, dalla mazurka al valzer passando anche per la tarantella. Inizialmente le danze vengono eseguite nei costumi originari e il titolo Chopiniana ricorda proprio l’autore delle musiche Fryderyk Chopin. Più tardi la decisione di far indossare i tutù bianchi tipici del romanticismo francese e di ribattezzare l’opera per ricordare La Silfide di Taglioni.

Il balletto va in scena per la prima volta al Théâtre du Châtelet di Parigi nel 1909 con interpreti del calibro di Anna Pavlova, Tamara Karsavina, Vaslav Nijinsky e Alexandra Baldina. L’opera è stata ed è tuttora nel repertorio di numerose compagnie sia in Russia che nel mondo intero. Il suo segreto, ci rivela Testa, è sicuramente quello di aver dato ad un’opera di stampo classico-accademico un’impronta moderna e personalissima di un coreografo che è stato un grande innovatore del suo tempo.

Les Sylphides di Michel Fokine

2 risposte a “La Sylphide: il prototipo del balletto romantico”

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