Considerato uno dei più grandi balletti del repertorio romantico, La Bella Addormentata è la prima delle tre coreografie della cosiddetta “Traide Ciaikovskiana”, nata dalla collaborazione tra il compositore Pëtr Il’ič Čajkovskij e il coreografo Marius Petipa. Andato in scena per la prima volta al Teatro Mariinskij di San Pietroburgo nel 1890, i primi interpreti nei ruoli principali furono Carlotta Brianza e Pavel Gerdt.

The Royal Ballet – Photo Credit: Johan Persson

La nascita del balletto

La storia della creazione della Bella Addormentata inizia nel 1888 quando Ivan Vsevolozhsky, allora direttore dei Teatri Imperiali Russi, propone a Ciaikovskij un balletto basato sulla fiaba di Perraul La belle au bois dormant. Per le coreografie sceglie il grande coreografo Marius Petipa e, rifacendosi ad una messinscena in stile Luigi XIV, suggerisce al compositore di comporre musiche nello spirito di Lully, Bach e Rameau. Ecco che nasce la prima, lunga e maestosa collaborazione tra i tre grandi dell’Ottocento.

Il balletto va in scena per la prima volta il 15 Gennaio 1890 presso il Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, ma i critici e gli osservatori non ne apprezzano subito la sontuosità, anzi la vedono come una eccesiva concessione al gusto popolare, che allora apprezzava gli italiani con le loro “masse” di artisti e di effetti speciali, come l’Excelsior di Manzotti. Petipa infatti si ispira all’ambientazione seicentesca e alle immagini del Re Sole, scrivendo molti appunti su Apollo e sulle <<fate con i lunghi strascichi, così come sono disegnate sui soffitti di Versailles>>. Dal canto suo Vsevolozhsky non bada a spese per scene e costumi (si dice che abbia dilapidato le casse della compagnia) e inserisce anche molti personaggi tratti dalle favole di Perrault, come Cappuccetto Rosso, il Lupo e il Gatto con gli stivali. L’apoteosi conclusiva è grandiosa: sullo sfondo di una Versailles con terrazze e fontane, il balletto termina con una citazione musicale di una melodia usata per celebrare un sovrano precedente: “Vive Henri IV”!.

La bella addormentata: Il cast originale del 1890

Molti critici rimangono disorientati da tanto sfarzo: alcuni la vedono come “troppo lirica”, nulla più di una vacua parata di scene e costumi “troppo lussuosi”, e altri addirittura lo definiscono <<il declino dell’arte coreografica>>. Anche i ballerini protestano perché il balletto è troppo difficile da danzare, infatti per la coreografia Petipa si rifà alla tecnica italiana e non a caso affida il ruolo del titolo alla ballerina milanese Carlotta Brianza. Proprio nella variazione della protagonista, il famoso “Adagio della rosa”, si osserva un equilibrio di stampo tipicamente italiano, che Petipa riesce però a rendere poetico. Anche un altro italiano prende parte al cast della Prima: Enrico Cecchetti interpreta la strega Carabosse e la difficile variazione dell’Uccellino Azzurro. Insieme a loro Pavel Gerdt è il Principe Désiré e Marie Petipa è la Fata dei Lillà.

Successivamente il balletto inizia ad essere apprezzato sempre di più in tutto il mondo e la chiave di questo inesauribile successo si deve soprattutto a Ciaikovskij. La sua musica, per la prima volta, innalza la danza a un livello superiore: è una partitura possente che non solo si regge da sola anche senza la coreografia di Petipa, ma soprattutto agisce, ancora oggi, sul corpo e sullo spirito degli interpreti per modellarne il movimento con una completezza e una minuziosità che pochi altri compositori sono riusciti a fare. È proprio questo il motivo per cui inizialmente la musica era definita “troppo lirica” e difficile da interpretare: i ballerini non si erano mai mossi così prima di allora e questo li costrinse a doversi rimodellare sullo spirito dell’epoca.

The Australian Ballet – Photo Credit: Daniel Boud

La trama

Il balletto inizia con il battesimo della Principessa Aurora, al quale viene invitata tutta la corte e le sei Fate Buone che offrono dei doni alla piccola. L’unica a non essere stata invitata è la malvagia strega Carabosse, che inaspettatamente compare alla festa e maledice la bimba: essa, al compimento dei sedici anni, si pungerà con il fuso di un arcolaio e morirà. La Fata dei Lillà riesce però a cambiare la maledizione mortale con un sonno profondo lungo cento anni, a meno che un Principe si innamori di lei e la svegli con il bacio del vero amore.

Inizia così il primo atto, nel quale si festeggia il sedicesimo compleanno di Aurora. È qui che la principessa danza il famosissimo “Adagio della rosa” con i quattro pretendenti che vorrebbero la sua mano. Alla fine della gioiosa danza di compleanno, entra una vecchietta che porta in dono ad Aurora un fuso. Questa, incuriosita, lo tocca e si punge con la sua punta: l’anziana donna è infatti Carabosse che, con uno stratagemma, è riuscita nel suo piano. Aurora si addormenta e con lei tutta la corte.

Mathias Heymann nella variazione di Désiré, Atto II – Paris Opera Ballet

Nel secondo atto sono ormai passati cento anni e il Principe Désiré si trova in una radura vicina al castello per una battuta di caccia. Qui appare la Fata dei Lillà che gli mostra una visione di Aurora e, spiegando l’accaduto, lo conduce da lei. Affascinato dalla bellezza della Principessa, Désiré se ne innamora all’istante e la bacia per spezzare l’incantesimo. Aurora, insieme a tutta la corte, si sveglia, Carabosse è sconfitta e i due innamorati possono finalmente convolare a nozze.

Nel terzo atto, spesso rappresentato anche come estratto dal titolo “Il matrimonio di Aurora”, i due giovani principi organizzano una grande festa per le loro nozze e a queste partecipa tutta la corte, compresi molti personaggi tratti dalle fiabe di Perrault. Alla fine anche Aurora e Désiré danzano il loro grand pas de deux e vengono poi benedetti dalla Fata dei Lillà, così che tutti gli invitati possano partecipare all’apoteosi finale che chiude il balletto in festa.

Lauren Cuthbertson e Sergei Polunin in Gran Pas de Deux – The Royal Ballet

La danza

Nel prologo, la ricchezza della danza si nota soprattutto nelle variazioni delle fate. Ognuna di loro ha una caratterizzazione ben precisa che viene espressa con un movimento simbolico. La variazione della fata che porta in dono l’energia, ad esempio, è accompagnata dal gesto delle braccia tese con il dito indice ben puntato verso terra. La Fata dei Lillà invece esegue una diagonale di sissones seguiti da fuettés e arabesque.

Marianela Nuñez nella variazione della Fata dei Lillà – The Royal Ballet

La figura che però esegue le variazioni tecnicamente più complicate è, come di consueto, la protagonista Aurora. La lunghezza della parte, accompagnata alla “freschezza” del ruolo della sedicenne, impone alla ballerina che la interpreta dei veri e propri “muscoli d’acciaio” insieme ad una padronanza stilistica non indifferente. Da questo punto di vista, la variazione ormai più iconica è quella nel I atto del cosiddetto “Adagio della rosa”. Qui la protagonista, in un perfetto attitude, concede la mano destra ai quattro pretendenti che la vorrebbero in sposa, staccando la mano prima da uno poi dall’altro e rimanendo in perfetto equilibrio.

Olga Smirnova nell’Adagio della Rosa

Nella Bella Addormentata le variazioni dei protagonisti vengono accompagnate dal grande divertissement finale, che tanto piaceva a Petipa. Qui, nell’atto delle nozze di Aurora, sfilano i più grandi personaggi delle fiabe di Perrault che poi eseguono a loro volta delle variazioni, anche stavolta simboliche e mimiche, per omaggiare i due sposi. Di particolare difficoltà quella dell’Uccellino Azzurro e della Principessa Florine, che proprio per questo vengono solitamente affidate a due ballerini di alto ruolo all’interno della compagnia.

Yasmine Naghdi e Matthew Ball nella variazione dell’Uccellino Azzurro e della Principessa Florine – The Royal Ballet

Fonti:

V. Durante (a cura di), Balletto – L’opera illustrata definitiva, Gribaudo, Milano 2019

M. Guatterini, L’ABC del BALLETTO, Mondadori, Milano 2005

J. Homans, Gli angeli di Apollo – Storia del balletto, EDT, Torino 2014

Immagine di copertina: ©Tristam Kenton

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