Anna Pavlova è stata una delle più grandi ballerine dell’inizio del XX secolo. Di scuola russa ma perfezionatasi con l’italiano Enrico Cecchetti, ha viaggiato in tutto il mondo, creato una sua compagnia e inventato la scarpetta da punta moderna. La Pavlova però è ricordata in particolare per la straordinaria interpretazione de “La morte del cigno” di Fokin, ruolo che ha amato così tanto da volere a casa propria un cigno in carne ed ossa da accudire nel tempo libero.

Gli inizi della carriera

Nata nel 1881 in Russia, Anna Pavlova si innamora della danza nel 1890, quando sua madre la porta a teatro a vedere uno spettacolo de “La bella addormentata“. É in quel momento che decide di voler diventare una ballerina e così, l’anno successivo, viene ammessa alla Scuola del Balletto Imperiale di Pietroburgo. Nel ’99 inizia a danzare i primi ruoli nella compagnia e sette anni dopo ne diventa Prima Ballerina a seguito dell’interpretazione ne “Il lago dei cigni“.

Nel corso della sua carriera la Pavlova studia con i migliori maestri, da Johannson a Legat, da Vazem a Gerdt, ed è proprio quest’ultimo che si accorge del talento della ballerina. In seguito poi si perfeziona con l’italiano Enrico Cecchetti, dal quale apprende una tecnica originale, tipicamente italiana, che le apre le porte per affrontare il balletto classico in modo differente. Proprio con Anna Pavlova (insieme a Tamara Karsavina, Michail Fokin e Vaslav Nijinsky) inizia infatti una nuova generazione di ballerini molto diversi dal passato, dove le donne in particolare sono alte, flessuose e sensuali, con linee morbide e una muscolatura proporzionata. A questo nuovo sviluppo fisico ha influito la formazione con Cecchetti, che favorisce ripetizioni e numeri virtuosistici.

Le ballerine al Mariinskij, a fine ‘800, sono tecnicamente forti e hanno un corpo muscoloso e compatto. La Pavlova invece si distingue per la corporatura esile, l’aspetto sgraziato, i piedi arcuati, le braccia magrissime e il collo lungo e dritto. In questi anni la ballerina non si rende ancora conto del suo potenziale e, per ingrassare, beve olio di fegato di merluzzo. In realtà ben presto tutto il mondo si accorgerà del suo talento, del suo stile di danza delicato e aggraziato, dei suoi arabesques e dei suoi equilibri <<insicuri e tremanti>> (come ricorda Bronislava Nijinskaja).

“La morte del cigno” e le scarpette da punta

Il suo stile di danza così innovativo la porta ad essere la perfetta interprete del brano creato per lei dal collega Michail Fokin nel 1905 (o 1907), La morte del cigno“. Il pezzo, su musiche di Saint-Saens, ricorda “Il lago dei cigni” ma ne rivede completamente lo stile: Fokin vuole creare qualcosa che rompa completamente i canoni tipici del balletto classico (rigidità, esibizionismo, durata eccessiva), dove la danza è quasi sempre improvvisata e semplice e non cade mai nei virtuosismi. Il balletto non intende essere narrativo, né una variazione: si tratta soltanto di una lirica riflessione sulla morte che in un certo senso ricorda lo stile di Isadora Duncan.

Nella “morte del cigno” la Pavlova sfiora la superficie sulle punte o esegue un arabesque inarcando profondamente la schiena, con le braccia sciolte ma piegate in corrispondenza delle articolazioni, come ali spezzate. Con lei e Fokin la danza classica diventa più intensa dal punto di vista espressivo, ma allo stesso tempo libera e immediata: inizia così a diffondersi la “nuova danza” che ha reso possibile l’avvento dei Ballet Russes. Tutte queste novità però toccano anche un altro aspetto della vita della ballerina: l’utilizzo delle scarpette da punta.

Per usarle con i piedi così arcuati, Anna Pavlova è costretta ad aggiungere un rinforzo: inserisce un pezzo di cuoio sulla suola per avere maggiore sostegno e appiattisce la mascherina, così da avere una punta piccola e mostrare la linea esile e affusolata delle gambe. All’inizio però quella che è soltanto una piccola aggiunta di comodità, a molti sembra un’eccessiva modifica alle scarpette dell’epoca e viene considerata una “truffa”. Per questo motivo la Pavlova decide di far ritoccare tutte le sue foto di scena in modo da rendere meno evidenti possibile le sue scarpette. In realtà è proprio grazie ai suoi accorgimenti che adesso le ballerine possono indossare le punte come le intendiamo oggi: è a lei che va dato il merito di aver “inventato” le scarpette moderne.

Le tournée all’estero e la Compagnia Pavlova

Dopo aver interpretato il cigno di Fokin, la Pavlova inizia varie tournée in Europa e viene soprannominata “la nuova Taglioni” per il suo stile delicato ed etereo. Nel 1910 debutta anche negli Stati Uniti, a New York, poi nel 1911 decide di stabilirsi definitivamente a Londra, iniziando a insegnare. Nel frattempo mantiene il suo ruolo come Prima Ballerina del Teatro Mariinskij fino al 1913, anno in cui si ritira definitivamente dalla compagnia danzando per l’ultima volta come Nikia in La Bayadère. Nello stesso anno fonda anche la Pavlova Ballet, compagnia gestita dal russo Victor Dandrè (che dice di essere anche suo marito) e formata da quaranta danzatori, tra cui una giovanissima Ruth Page, una piccola orchestra con un direttore, Theodore Stier, e una costumista.

Trovandosi a Londra, dove acquista la casa che diventa sede artistica della compagnia e sua abitazione privata, sceglie per l’organico della Pavlova Ballet anche alcuni ballerini inglesi. A questi, come trovata pubblicitaria in occasione delle tournée, cambia i nomi e li rende russi, così da attirare il pubblico che andava agli spettacoli unicamente per vedere i rinomati ballerini di quella nazionalità. Inoltre nel 1916, per finanziare una tournée negli Stati Uniti, prende parte al film di Hollywood The Dumb Girl of Portici, la sua unica apparizione cinematografica. Nonostante tutto il lavoro con la compagnia però, sembra che la Pavlova in cuor suo non abbia mai abbandonato il tanto amato ruolo del cigno: a casa infatti ne accudisce uno tutto suo in carne ed ossa.

Una torta in suo onore

Con la compagnia da lei fondata, Anna Pavlova gira il mondo intero, Cina, Messico, Sud America, Giappone, India e Australia, portando il balletto ovunque. Proprio durante una di queste tournée, la ballerina viene accolta con una torta realizzata in suo onore e che proprio da lei prende il nome, la famosa “Pavlova”, torta fatta di meringa e frutta fresca. La paternità del dolce è ad oggi ancora sconosciuta: se infatti da una parte sono gli australiani a rivendicarne la proprietà, attribuendola allo chef Herbert Sachse dell’Esplanade Hotel di Perth, dall’altra anche i neozelandesi fanno lo stesso, riconoscendola però a uno chef anonimo di un hotel di Wellington.

Acclamata e applaudita in tutto il mondo, la Pavlova muore di pleurite a L’Aia nel 1931, pochi giorni prima di compiere cinquant’anni. Sembra che la ballerina stesse viaggiando in treno per rientrare da una vacanza, pronta per una nuova tournée, quando il convoglio è costretto a fermarsi a causa di un incidente. La ballerina, per capire cosa stesse succedendo, scende dal treno e cammina nella neve lungo i binari ma è vestita troppo leggera e si ammala. Si racconta che l’ultima richiesta fatta dalla Pavlova in punto di morte fosse quella di tenere con sé il costume del cigno, simbolo di una vita trascorsa per la danza dalla quale staccarsi diventa difficile e doloroso.

Fonti:

V. Durante (a cura di), Balletto – L’opera illustrata definitiva, Gribaudo, Milano 2019

J. Homans, Gli angeli di Apollo – Storia del balletto, EDT, Torino 2014

https://bibliolmc.uniroma3.it/node/333

https://www.britannica.com/biography/Anna-Pavlova

https://www.sapere.it/enciclopedia/Pavlova,+Anna+Pavlovna.html

https://www.harpersbazaar.com/it/cultura/a36074446/anna-pavlova-storia/

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